Il Presidente, dopo il suono della campana, ha presentato i tre relatori e introdotto il tema della serata, incentrato sulla biografia di Giuseppe Navone, imprenditore edile e vicepresidente del Torino Calcio, che, con Orfeo Pianelli, portò la squadra allo scudetto.
Le relazioni sono iniziate con il Dr. Caselli che, nel ripercorrere alcuni passaggi del libro di Elena d’Ambrogio “Quando un uomo” e della prefazione di Vittorio Feltri, ha ricordato la sua professione di fede per il “Toro” che, per sua stessa ammissione, lo ha spesso portato ad adottare allo stadio modalità “particolarmente passionali” di supporto alla squadra.
Tra i tanti aneddoti riportati nel libro, il Dr. Caselli ha ricordato il famoso inseguimento all’arbitro Lo Bello sulla strada per l’Aeroporto da parte di alcuni tifosi tra cui Giorgio Navone (figlio di Giuseppe e marito di Elena), presente alla serata.
Claudio Sala “il poeta del gol”, ha ricordato l’acquisto da parte del Torino nel 1969 ed il suo inserimento in un ambiente particolarmente motivato e coeso nel quale, grazie anche a una dirigenza particolarmente illuminata, si sono create le premesse per lo scudetto del 1976. Claudio Sala ha ricordato anche le delusioni dell’anno successivo, dalla finale persa in coppa dei campioni, allo scudetto sfumato per un punto, non dimenticando, con un po’ di rammarico, la mancata valorizzazione in nazionale (in particolare nei Mondiali del 1978 in Argentina) di quel formidabile reparto di attacco del Toro campione d’Italia.
Elena d’Ambrogio ha ricordato la figura e l’opera del suocero Giuseppe Navone, cui è dedicata la biografia, particolarmente intensa nei tre decenni dal 1950 al 1980, caratterizzati dalla ricostruzione del dopoguerra, dal miracolo economico, ma anche dalla contestazione e dagli anni di piombo.
A tale ultimo periodo sono collegati i ricordi meno felici della famiglia Navone, dal rapimento di Giuseppe, all’attentato terroristico negli uffici dell’impresa Navone “colpevole” di essersi aggiudicata l’appalto per la costruzione del nuovo carcere di Torino.
Elena D’Ambrogio ha infine ricordato come la figura del suocero possa essere di esempio per le nuove generazioni, non solo per la tenacia e la forza dimostrate nel lavoro e nelle drammatiche vicende personali, ma anche per il fatto di porsi sempre nuovi obiettivi dopo ogni successo o traguardo ottenuti.